Ecco come fare per indicare il tuo sindaco quale beneficiario di una polizza vita

Scopri come e perché puoi decidere a chi destinare i tuoi soldi senza che qualche parente antipatico o qualche creditore ingordo te li faccia fuori tutti.

La cronaca, come spesso accade, ci dà lo spunto per parlare di strumenti assicurativi che interessano tutte quelle persone che hanno delle somme di denaro da parte e che cercano soprattutto di limitare i rischi finanziari.

Un argomento che riguarda certamente gli imprenditori, i professionisti ma anche altre categorie più in generale che potrebbero avere necessità di “proteggere” queste somme, sfruttando soprattutto i benefici di legge che le polizze possono offrire.

In particolare oggi parliamo delle polizze vita a premio unico, sempre cercando di non essere “troppo tecnici” e di andare alla sostanza delle cose. Tralascerò in questo caso tutti gli aspetti “fiscali” riguardanti la detraibilità/deducibilità dei premi e la tassazione dei rendimenti.

Ti parlerò invece, di dove puoi “mettere” questi soldi e cosa accadrà alla conclusione (o estinzione) del contratto.

Quindi se hai dei soldi da parte, sia sul conto corrente oppure sotto il materasso, l’utilizzo di una polizza vita potrebbe essere di tuo interesse per molti motivi.

Beh, in realtà se li hai sotto il materasso già potrebbe esserci un problema. I premi assicurativi nel ramo vita, infatti, devono assolutamente essere pagati attraverso strumenti tracciabili come assegni, bonifici o bollettini postali.

Non possono essere versati soldi in contanti per nessun motivo. L’intermediario che accetta “soldi in contanti”per il pagamento di polizze vita lo fa violando le normative (ed è un primo campanello di allarme di qualche truffa o raggiro).

Se hai soldi “neri”, mi spiace, ma non li “pulirai” con le polizze vita senza violare le norme antiriciclaggio.

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I premi unici possono essere destinati per una polizza di Ramo I oppure di Ramo III.

Le polizze di Ramo I (rivalutabili) fanno confluire i premi nelle Gestioni Separate, che sono enormi “contenitori” di titoli particolarmente sicuri (titoli di stato, obbligazioni, eccetera) separati patrimonialmente dalla Compagnia. Esse offrono una garanzia contrattuale sul capitale e molto spesso un rendimento minimo. Questo perché i titoli presenti all’interno della Gestione Separata sono contabilizzati al “costo storico”, cioè tenendo conto del loro valore al prezzo d’acquisto fino al momento della vendita o rimborso. Il rendimento della gestione separata dunque è dato dai rendimenti dei titoli in essa contenuti e dalla differenza tra il prezzo di acquisto e di vendita che può dare un plusvalore oppure una perdita. Fattore che permette alle Gestioni Separate di avere andamenti generalmente costanti e non influenzabili dai sali/scendi dei mercati finanziari. Sono in pratica uno dei pochi strumenti “prudenti” che oggi trovi sul mercato.

Non prevedono una scadenza ma possono imporre limitazioni (con penalità) per quanto riguarda i riscatti nei primi anni di vita della polizza. Questo perché il riscatto andrebbe a deteriorare l’equilibrio finanziario sul quale è basato il contratto avendo caricato sui primi anni la maggior parte dei costi (caricamenti, provvigioni, incidenza delle riserve matematiche).

Ovviamente vi sono costi più alti e rendimenti più bassi rispetto agli strumenti meno garantiti. In pratica una polizza di Ramo I assolverà bene il compito di “non farti perdere denaro” se il tuo orizzonte temporale è medio/lungo ma sicuramente non ti farà diventare ricco con i suoi rendimenti.

Le polizze di Ramo III invece possono essere Unit Linked oppure Index Linked a seconda del fatto che siano collegati ad un Fondo Interno della Compagnia (le Unit) oppure ad un particolare indice di riferimento (le Index).

Esse offrono una possibilità di rendimento decisamente più interessante, ma espongono l’assicurato ai rischi finanziari dei mercati. In pratica non è così remota la possibilità che vi possano essere delle perdite di capitale. Cosa che successe ad esempio dopo il crack Lehman Brothers.

Entrambe poi prevedono una scadenza ed ovviamente delle limitazioni al riscatto anticipato sempre attraverso penalità.

Sia le polizze di Ramo I sia quelle di Ramo III però offrono dei benefici di legge, chiamiamoli così, che possono risultare utili.

La designazione del capitale in caso di morte può essere assolutamente libera ed il capitale pagato non rientra nell’asse ereditario.

Cosa che rende questi strumenti assolutamente utili alle persone che stanno predisponendo la successione dei propri beni.

Grazie alla designazione scritta del beneficiario, in caso di morte dell’assicurato, la Compagnia si obbliga contrattualmente a pagare il capitale alla persona indicata ed esso non concorrerà a formare l’ammontare dei beni oggetto dell’eventuale successione (si veda l’art. 1920 c.c.).

Il beneficiario designato può essere chiunque e, tranne che in un caso, non è nemmeno necessario che si proceda ad una sua accettazione formale nel contratto né che ne sia a conoscenza.

Per questo non è raro che spesso, queste polizze, siano utilizzate per tutelare persone non strettamente legate con l’asse ereditario dell’assicurato (si pensi, ad esempio, ad una persona separata che voglia designare quale beneficiaria la propria convivente more uxorio).

Pertanto, se ti sei chiesto se è possibile essere indicati quali beneficiari di polizze vita senza saperlo la risposta è “si”.

In sostanza con la polizza vita puoi prendere una parte dei tuoi soldi, metterli nella polizza e decidere liberamente senza che nessuno possa metterci “bocca”, a chi quei soldi andranno in caso di morte. Con dei “distinguo” che vedremo tra poco.

L’unica persona che può cambiare il beneficiario è l’assicurato stesso in qualsiasi momento e quante volte lo desidera modificando il contratto, oppure con successiva comunicazione scritta oppure per via testamentaria riportando però i riferimenti della polizza.

Come dicevo, pero, ci sono dei “distinguo”: il regolamento IVASS n. 5/2014 ha introdotto nuove e più stringenti regole circa le procedure di verifica della clientela che gli assicuratori devono tenere.

Le norme sono rivolte a combattere con maggior forza il riciclaggio ed il finanziamento illecito al terrorismo ed impongono in capo agli intermediari precisi doveri di verifica sui clienti (e pure sui beneficiari) nel ramo vita.

L’identificazione dovrà avvenire con la presenza fisica del cliente, del beneficiario o dell’esecutore (per le persone giuridiche). Diversamente, saremo in presenza di un rapporto a distanza, per i quali sono previsti obblighi rafforzati di verifica.

Tali protocolli identificativi, che per brevità non vi sto a spiegare, sono maggiormente “severi” in caso di persone politicamente esposte (in quanto più sensibili – così dice il legislatore – al fenomeno della corruzione).

Inoltre nell’apposito questionario predisposto dall’intermediario dovranno essere indicati l’origine del denaro (ad esempio se provenienti da lavoro autonomo, dipendente o altro), le finalità della polizza e l’eventuale legame con il beneficiario.

Quindi se vuoi indicare quale beneficiario della tua polizza vita Totò Riina oppure il califfo dell’Isis non avrai modo di sottrarti alla segnalazione del tuo intermediario all’autorità competente.

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Stessa cosa se il beneficiario sarà il tuo sindaco (persona politicamente esposta). Tutte operazioni “consentite” ma che saranno comunque oggetto di controlli più approfonditi.

Il che significa, in soldoni, che è vero che sei libero di fare ciò che vuoi con i vostri soldi, ma solo fino ad un certo punto.

In un solo caso, poi, il “beneficiario” dovrà dare il suo esplicito consenso: solo quando il contraente/assicurato stabilisca un “beneficiario irrevocabile”. La legge, a tal proposito, stabilisce in quali casi il “beneficiario” perde i suoi diritti: ad esempio attendando alla vita dell’assicurato oppure ingiuriandolo.

“Quindi, se hai una persona da tutelare per la quale vuoi destinare oggi una parte del tuo patrimonio con la garanzia che esso non sarà mai aggredibile né dalle persone del tuo “asse ereditario”né da altre persone (ad esempio i creditori), allora la polizza vita è uno strumento molto utile”

A proposito di “creditori. Un’altra caratteristica importante è data dall’impignorabilità e l’insequestrabilità delle polizze vita.

Questa caratteristica definita dal codice civile è decisamente mutata negli ultimi anni. Infatti l’impignorabilità e l’insequestrabilità sono garantite solo se l’eventuale tentativo di “aggredirle” avviene in pendenza di una responsabilità civile (come ad esempio un fallimento).

Se, invece, l’aggressione patrimoniale avviene in relazione ad una responsabilità penale (come nel caso di evasione fiscale), allora esse possono essere oggetto di sequestro preventivo.

Come pure se l’assicurato, con la stipula dell’assicurazione, abbia voluto volontariamente danneggiare i creditori.

Inoltre, la Cassazione ha da anni imposto un’interpretazione restrittiva circa le “finalità” che la polizza deve avere affinché vengano mantenute le caratteristiche di impignorabilità ed insequestrabilità.

Esse, infatti, sono confermate se la polizza ha finalità “previdenziali” anche se la giurisprudenza, a dire il vero, continua a non essere ancora del tutto univoca in tal senso.

In conclusione, l’utilizzo dello strumento della polizza vita può avere diverse finalità anche lontane dal desiderio di avere “un rendimento finanziario”.

Spesso, anzi, vengono utilizzate come mezzo per sottrarre la disponibilità di una parte del proprio patrimonio dalla possibile aggressione dei terzi (siano essi eventuali creditori oppure persone che rientrano nell’asse ereditario).

Solo in parte, ed in determinate circostanze (come nel caso delle polizze di Ramo I), vi è la garanzia di salvaguardia del capitale e del rendimento. Ma solo nella migliore delle ipotesi i rendimenti raggiunti sono davvero consistenti.

Pertanto, finiti gli anni dei “rendimento boom” oggi le polizze vite possono essere utilizzate per sfruttare al meglio le possibilità che la legge offre, soprattutto con riferimento alla destinazione delle somme in caso di morte.

Stay tuned.

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La sindrome dell’odiosa RC Auto può uccidere la tua impresa

Gli sbagli che probabilmente anche tu fai e che possono mettere a rischio irrimediabilmente il tuo business.

Assicurarsi è una necessità. Quello lo sanno anche i bambini. Poi però crescendo, diventando adulti e saggi, ci si rincitrullisce e combiniamo le cavolate. Tu sei uno di questi? Probabilmente si (mi spiace, a volte non risulto simpatico, di primo acchito… ma dal vivo sono spassosissimo).

La stragrande maggioranza delle persone, anzi, tutte le persone hanno un solo obiettivo quando si tratta di assicurazioni: risparmiare.

Che di per sé mica è una cosa sbagliata. Direi che spesso è il motore che ti fa muovere verso un confronto tra quello che già hai e quello che offre il mercato.

Ma c’è modo e modo di ragionare. Se ti fai prendere dalla “sindrome dell’odiosa RC Auto” allora le cose possono essere pericolose.

Perché “odiosa” RC Auto? Perché è vissuta come una tassa e non come una necessità. E questa cultura imperante è quella che mette a rischio la tua impresa . E’ la sindrome dell’odiosa RC Auto ad aver fatto diventare un “mantra” lo sconto sulle assicurazioni, un fattore da ottenere a tutti i costi.

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Facci caso: vai in banca e ti vogliono fare la polizza RC Auto scontata. Vai al supermercato e ti appioppano la polizza RC Auto scontata tra due etti di crudo e tre di Asiago. Accendi la TV e una qualunque AssiTeleDrin ti offre la polizza on line con un ribasso del 50%. Un cane si mette a fare le comparazioni davanti ai microfoni in conferenza stampa. La sagra dei pubblicitari creativi. Una Babilonia, un circo.

Cosa comporta questo? Che nella stragrande maggioranza dei casi l’equazione mentale è semplice: assicurazione = RC Auto. RC Auto = tassa ingiusta. La tassa ingiusta, in quanto ingiusta, deve costare il meno possibile.

Risultato: tutti ormai si sono abituati a pensare che l’assicurazione, in generale, e non solo l’RC Auto, sia sempre una tassa ingiusta e che la migliore sia quella che ti fa risparmiare.

Bene, questa cultura assicurativa è un kalashnikov puntato sulla faccia della tua attività? Non mi credi?

La logica del risparmio applicato ai rischi di un’attività d’impresa è un suicidio annunciato se fatto senza criterio.

Non mi fraintendere: non significa che devi sottoscrivere le polizze più costose. No, è roba da pazzi.

Dico che non dovresti mai rinunciare a coprire alcune aree di rischio in nome del risparmio. E che “il risparmio” non deve essere mai la linea guida nelle scelte assicurative. E se il tuo consulente o assicuratore che sia, non ti ha sufficientemente messo in guardia da questo pericolo, allora è tempo di cambiare mentalità e sicuramente anche assicuratore.

Ce l’hai il Risks Manager?

Se la tua struttura conta appena qualche operaio ed una segretaria che passa metà del tempo a condividere su facebook aforismi scritti su tramonti romantici allora so già la risposta.

Lo so, caro amico imprenditore, che nella tua azienda il 99% delle faccende passano sul tuo tavolo e non hai tempo per nulla. E’ così dappertutto. E che “c’è la crisi” e quindi l’ultimo dei tuoi problemi è l’assicurazione. E che magari sei pure in dubbio di ridurre l’organico lasciando a casa l’impiegata. Quindi inutile parlarti di Risks Manager…

Ma non preoccuparti. Qualunque sia la dimensione della tua attività sappi che sei in buona compagnia.

Tre mesi fa ho avuto modo di trattare una grossissima azienda. Si trattava della più grande azienda in Europa nel suo campo. Con ben sei stabilimenti in Italia e diversi pure all’estero.

Bene, noi crederemmo che in un’azienda del genere ci siano squadre di preparatissimi ingegneri dedicati solo nell’individuazione dei rischi e nella loro risoluzioni. In realtà nulla di tutto questo. Nada, nisba, niet.

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Quindi, se non ce l’hanno loro perché dovresti averlo tu? Posso forse rimproverarti?

“Risolvimi il problema!”

Anni fa lavoravo in un’Agenzia dove la frase che più spesso sentivo dire dal Boss era “risolvimi il problema”.  Quindi sono cresciuto con questo tipo di mentalità: risolvere problemi. Come il Sig. Wolf di Pulp Fiction, ma con molto meno stile.

Come ti risolvo il problema di non cadere nella sindrome dell’odiosa RC Auto ovvero del risparmio ad ogni costo, senza un Risks Manager e senza mettere a repentaglio la tua impresa ed i tuoi guadagni e non spendere cifre esorbitanti?

Sembra impossibile, eppure per chi lavora nel campo assicurativo delle aziende questo è il lavoro da approntare.

Si tratta di individuare le aree di maggior rischio, stabilire massimali e somme assicurate adeguate a fronteggiare un disastro totale. Valutare l’impatto sull’attività di eventuali eventi che generano un sinistro parziale. Capire fino a che punto l’azienda può accollarsi eventualmente una parte del danno e che budget è in grado di mettere a disposizione. Shakerare, aggiungere qualche eventuale leva fiscale, guarnire con un’oliva e servire.

Qualcosa di diverso rispetto a: dammi le copie delle polizze che vediamo se ti faccio risparmiare. Che, per carità, può essere il punto di inizio di una valutazione che deve essere molto più ampia ed articolata.

Essa dovrà essere in grado in primo luogo di rispondere alle richieste di risarcimento che possono arrivare dai terzi: RCT, RCO, RC prodotti. E dovrà dare copertura ai danni che i propri beni possono subire: incendio, furto. E, se possibile, ammorbidire l’impatto sui mancati introiti per il fermo produzione: danni indiretti.

Un lavoro articolato e stimolante. Un vero lavoro di squadra tra assicuratore e imprenditore. E non un tira e molla sul prezzo a carte coperte.

Quello che mi chiedo a questo punto è: saresti in grado di giocare a questo gioco? Oppure sei tra quelli che giocano ai dadi con la principale attività della propria vita? Che credono che l’assicurazione sia una tassa ingiusta, almeno fino al giorno in cui mezzo capannone del vicino non va in fiamme e ti prendi paura?

Come ho detto, il cambio di mentalità, è determinante. E se hai voglia di giocare sul serio prova qui =========> CLICCA SUBITO.

Ilie Rizzato

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Il ‘musso’ e l’amico allo sportello

Gli scandali di alcune Banche e le centinai di truffati offrono alcuni spunti di riflessione sulla raccolta del risparmio. 

Odio dire ad una persona “te l’avevo detto”. E probabilmente la persona a cui lo dico odia sentirselo dire. Ma il mio mestiere è “mettere in guardia” e quando si tratta di Banche e Poste Italiane il gioco mi viene facile. Così da quando è scoppiato il caso “Banca Etruria” sono sicuro che l’amico allo sportello bancario in questo periodo ti sarà sembrato molto probabilmente meno “amico”. Se non altro perché nell’ultimo periodo si sarà dovuto subire una tempesta di chiamate o visite allo sportello di risparmiatori ottuagenari che gli chiedevano se le “OBBBBLIGAZIONI” da lui vendute fossero “SICURE”. Rendendogli le mattinate alquanto pesanti (e ci credo!) e la voglia di fare il simpatico scesa probabilmente sotto i tacchi.

“Certamente la nostra Banca è DIFFERENTE” vi sareste sentite rispondere… e mentre lo diceva si grattava il naso, girava lo sguardo nell’angolo in alto a destra, si schiariva la gola e vi liquidava in fretta perché qualcuno dall’altra parte dell’ufficio lo aveva chiamato (anche se voi non avete sentito).

NON CHIEDERE MAI ALL’OSTE SE HA IL VINO BUONO. La regola è sempre la stessa. Non vi fidate del salumiere che vi vuole appioppare il salame che non gli va più via però affidate i risparmi di una vita all’impiegato il cui stipendio dipende dal fatto che lui segua obbediente le direttive della sua Banca… Se credete che il CONFLITTO D’INTERESSI riguardi solo Silvio Berlusconi o la Ministra Boschi allora ho una notizia per voi: NON E’ VERO. In Veneto esiste un detto: “tacare el musso dove che voe el paron”. Per chi chiama da fuori Padova traduco: “attaccare l’asino dove vuole il padrone”… ciò l’impiegato, bravo, preparato, magari pure laureato e persona onestissima, deve fare ciò che gli viene ordinato. bancatruffatiE se la Banca gli dice “vendi il nostro debito” lui venderà il “debito della Banca” cioè le obbligazioni. E vi dirà che il rendimento al 7% con uno strumento così sicuro non esiste altrove… Ed è vero. NON ESISTE. Da nessuna parte. E se voi ci cascate significa che il “musso da tacare” (l’asino da attaccare) siete voi.

La banca ha tutto l’interesse a raccogliere il proprio risparmio e a vendervi le sue OBBBBLIGAZIONI del piffero e farà di tutto per farlo spacciandole per ORO COLATO. E’ molto probabile che non gliene freghi una cippa del vostro profilo di rischio. O che vuoi preferiate una gestione separata o dei BOT allo 0.001% di rendimento. Sa solo che quando si tratta di risparmio ci sono frotte di “ingenui clienti” che non aspettano altro che l’affare della vita. E’ per questo che qualche Banca, poi, si è spinta ben oltre il ruolo di SIMPATICA CANAGLIA entrando a piè pari nel mondo della TRUFFA. E lo ha fatto grazie al povero impiegato stipendiato (e dal posto di lavoro sempre più in bilico – e per questo gli vogliamo bene e lo perdoniamo) che ha avuto l’ordine preciso e tassativo di vendervi quella cacca! Il loro conflitto d’interessi è direttamente proporzionale al buco nel bilancio.

Per cui date meno retta ai (falsi) amici ed affidatevi di più ad un professionista che sappia darvi tutte le informazioni necessarie. I professionisti si guadagnano da vivere sulla soddisfazione del cliente. Non significa che sono infallibili ma significa che non sono in CONFLITTO D’INTERESSI. Che di questi tempi non è poco.

 

Ilie Rizzato

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Sei prossimo alla pensione? Il P.I.P. fa proprio al caso tuo

L’integrazione pensionistica attraverso i Piani Individuali può essere un’ottima opportunità anche per coloro a cui mancano pochi anni alla pensione. 

Abbiamo sempre parlato degli effetti nefasti delle nuove riforme in tema di previdenza. Per i più giovani è già evidente che la pensione, una volta arrivati a raggiungere l’età stabilita dai requisiti di legge, non sarà per nulla equiparabile a quella che hanno è percepito i nostri padri o nonni.

Per ovviare a quella che viene definita scopertura previdenziale risulta necessario l’accantonamento volontario di parte del proprio reddito pensionesalvadanaiodisponibile in Fondi Pensioni (chiusi, aperti o PIP). La normativa fiscale, in tal caso, permette all’aderente una serie di vantaggi particolarmente favorevoli. Tali vantaggi, però, possono essere sfruttati anche da coloro che, pur prossimi alla pensione, non vogliono rinunciare ad un’opportunità fiscale senza precedenti.

Sappiamo che le somme versate in un Piano Individuale Pensionistico (P.I.P.) sono deducibili per l’intero importo fino ad un massimo di Euro 5.164,57. Questo significa che, per un reddito lordo di Euro 40.000 all’anno il beneficio fiscale sarà pari al 38% e cioè ogni Euro 1.000 versati nel fondo ne recupero fiscalmente 380,00. Mica male. Se il reddito è superiore ad Euro 55.000 il risparmio è di Euro 410 ogni mille versati. E di Euro 430 ogni mille se superiore ad Euro 75.000.

Sui rendimenti delle somme versate pagherò, invece, l’11% di ritenuta (sui BOT è il 12,5%, su altri titoli non di Stato il 20%). Inoltre per molte forme di PIP esiste sempre un rendimento minimo garantito pari spesso al 2% (i BOT rendono meno dell’1%, commissioni e spese escluse).

Al raggiungimento dell’età pensionabile pagherò solo il 15% di ritenuta fiscale. Un vantaggio davvero considerevole. Vi lascio, comunque, con un piccolo esempio:

Mario, imprenditore, ha 55 anni e andrà in pensione a 65. Ha un reddito lordo dichiarato di Euro 70.000,00. Decide di aderire al PIP e di versare ogni anno Euro 5.000. Vediamo i calcoli:

Euro 5.000 x 41% (aliquota irpef scaglione) = Euro 2.050 risparmio fiscale

Sui dieci anni avrà Euro 55.000 versati ed Euro 20.500 risparmiati

A 65 anni riscatterà gli Euro 55.000 e pagherà il 15% di ritenuta pari ad Euro  8.250.

Alla fine la sua operazione fiscale gli ha portato un vantaggio pari ad Euro 12.500 (pari al 22,27% del capitale iniziale investito).

A questo vanno aggiunti gli interessi maturati nei 10 anni (pari almeno al 2%) che hanno subito una ritenuta fiscale dell’11% anziché del 12.5% (o peggio del 20%).

Questo rende i PIP un’ottima occasione anche per coloro a cui mancano pochi anni alla pensione e non solo, quindi, per i giovani.

Ilie Rizzato

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Una cassaforte lontana dai pericoli: la Gestione Separata

Pregi e difetti di uno strumento assicurativo particolarmente importante a tutela del risparmio.

Tra altalena degli indici borsistici, spread sull’ottovolante, patrimoniali strong o light e scenari ciprioti all’orizzonte, la scelta di dove investire il proprio denaro diventa un ingarbugliato cubo di Rubrik.

Se il vostro profilo di rischio è alquanto basso e la paura è alquanto alta, se siete consapevoli che il mercato non è in grado di dare rendimenti da anni ’80 e, soprattutto, se non vi fate abbindolare da promesse al 4% che, a conti fatti, si dimezzano allora potrebbe essere interessante la sottoscrizione di una polizza assicurativa a tutela del vostro risparmio.

Cos’è la gestione separata. La Gestione Separata è una particolare forma di tipo asicurativo, che prevede un Fondo creato dalla Compagnia (ma separato da essa – da qui la parola “separata”) formato generalmente da titoli di Stato e obbligazioni nella quale confluiscono gli investimenti dei clienti che aderiscono a contratti ad essa collegati.

Come funziona? Il patrimonio è giuridicamente separato dal resto in quanto va a coprire le polizze emesse e, in caso di fallimento della Compagnia di assicurazione, non può essere aggredito dai creditori di quest’ultima. I rendimenti sono definiti “storici”, nel senso che non seguono al guinzaglio l’andamento del mercato ma si muovono più lentamente, soprattutto perché i titoli al suo interno sono contabilizzati al “costo storico”, cioè tenendo conto del loro valore al prezzo d’acquisto fino al momento della vendita o rimborso. Il rendimento della gestione separata dunque è dato dai rendimenti dei titoli in essa contenuti e dalla differenza tra il prezzo di acquisto e di vendita che può dare un plusvalore oppure una perdita. Inoltre i titoli sono nella maggior parte dei casi tenuti in portafoglio ed incassati alla naturale scadenza Crisi Cipro.

Le garanzie. Con la Gestione Separata la Compagnia ha nei confronti del cliente un obbligo di tipo contrattuale. Una cosa non da poco: pensate al caso dei famosi “Bond Parmalat”. Le banche che collocarono quei titoli non avevano nessun obbligo di garantire la “bontà” dei titoli stessi (anche se l’argomento sarebbe da approfondire). E non vi era nessun obbligo di risultato. Il rischio per obbligazioni o titoli di Stato, in definitiva, grava sempre sul risparmiatore. Già, perché anche nel caso di default di uno Stato nessuno potrà garantirvi la restituzione del capitale di un Bond (vedi il caso Argentina). Nella Gestione Separata, invece, anche grazie al meccanismo delle riserve matematiche, il capitale è sempre garantito mentre la complessa composizione dei titoli del fondo, operata dalla Società secondo un regolamento (che vi viene consegnato prima della sottoscrizione), rende la Gestione Separata in grado di resistere anche ad eventuali robusti scossoni sui mercati. Almeno in linea teorica (molto teorica sinceramente…).

I Rendimenti. Pochi, maledetti e subito. Le Gestioni Separate sanno offrire (ad oggi) rendimenti lordi tra il 3,5% ed il 4,5%. A queste percentuali, però, vanno tolti i “trattenuti fissi” ovvero la percentuale sul rendimento stesso che la Compagnia trattiene per coprire i costi della gestione (la sicurezza costa). Tale trattenuto può essere più o meno elevato ed incide sul rendimento reale del prodotto. Le imposte, poi, variano secondo la composizione del “paniere”. Mediamente siamo attorno al 14%, in quanto la parte dei titoli di Stato (imposta al 12,50%) è mediamente più elevata rispetto alla componente obbligazionaria o azionaria (tassata al 20%).

bankokciproLe alternative. I principali competitor delle polizze legate alle Gestioni Separate sono le obbligazioni, i titoli di Stato ed i Conti Deposito vincolati. Le prime due soluzioni risentono, però, delle oscillazioni del mercato. In presenza di rendimenti crescenti, il BTP o l’obbligazione perde valore, comportando una perdita secca in caso dovessimo provvedere alla sua vendita prima della scadenza. In secondo luogo, con uno scenario più pessimistico, non vi sarebbe nessun tipo di garanzia sottostante nel caso di fallimento delle Società di cui deteniamo l’obbligazione o in caso di default dello Stato emittente il BTP. I Conti Deposito, invece, sono garantiti dalla Stato fino a Euro 100.000. Ma sono soggetti all’imposta di bollo ed alla “patrimoniale” dell’1,5 per mille che ne diminuisce di molto, anzi moltissimo, il rendimento netto finale, influenzato anch’esso dalla tassazione sui rendimenti (tassanti al 20%).

I contro della Gestione Separata. Dulcis in fundo… ma non in questo caso. Tanta sicurezza ha, ovviamente, un costo. Abbiamo già parlato del trattenuto fisso che incide sui rendimenti. Esistono, poi, a seconda del tipo di prodotto, dei caricamenti che possono essere percentuali (calcolati sul premio versato) oppure fissi (da 50 a 100 euro una tantum). Altro fatto che incide sulla scelta di optare per un prodotto assicurativo è la durata. Solitamente questo tipo di prodotti prevede delle penali (anche molto elevate) nel caso si ritiri il capitale prima di 2-5 anni. Fortunatamente le cose stanno cambiano. Alcune soluzioni di Unipolsai prevede piccolissime penali nei primi anni che alla fine possono rendono comunque molto interessante il prodotto. E nessuna penale successivamente. Quel che è certo è che la durata “naturale” di questi strumenti è medio/lunga anche per effetto dei vari “bonus” che queste polizze offrono al raggiungimento di una certa anzianità di sottoscrizione. Ma non è da sottovalutare l’ipotesi di sottoscrivere comunque una polizza assicurativa con orizzonti temporali più brevi.

A conti fatti. Quel che è certo è che non esiste sul mercato il prodotto che vi dà rendimenti alti e garanzia. Gli anni ruggenti sono alle spalle e davanti ci sono i PIIGS e Cipro. A conti fatti, poi, se andiamo a guardare il rendimento netto (tolte le commissioni, i caricamenti, le imposte sui rendimenti e le patrimoniali varie) difficilmente uno strumento di risparmio dal basso rischio (e a garanzia certa di capitale) può darvi più del 2% netto annuo nel breve periodo. Anche in questo caso la differenza la può fare il vostro consulente. Se la prima domanda che vi fa non è “questi soldi sono i risparmi di una vita?”…beh, cambiate consulente.

Torneremo sull’argomento del risparmio assicurativo, parlando delle famigerate polizze Unit ed Index linked e di quelle a capitalizzazione.

 Ilie Rizzato

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